Il 6-7 giugno 2025 si è tenuto a Milano il Congresso Nazionale Orthopea a cui hanno partecipato anestesisti e ortopedici da tutta Italia, in cui il direttivo ESRA ITALIA ha collaborato attivamente, e soprattutto ha visto la partecipazione del patron di NYSORA il prof. Admir Hadzic. Vogliamo rendere partecipi chi non era presente con un breve video tratto dal canale NYSORA su “Come costruire un team vincente in anestesia”, che rappresenta una parte importante della lettura magistrale dal titolo “Key to Success in Regional Anesthesia: Lessons from NYSORA journey”, seguito dalle riflessioni del dott. Romualdo Del Buono.
https://youtu.be/mBYCZg_ZQsU?si=o97NBQeiSXgYJ4kP
Riflessioni sul discorso di Hadzic: Ripensare il Nostro Ruolo nell’Anestesia Regionale
(A cura del dott. Romualdo Del Buono)
Come avrete notato, in questa pagine non si parla volutamente di eventi/congressi, ma questo merita un piccolo paragrafo. Recentemente ho avuto il privilegio di partecipare ad Orthopea e ad assistere a un intervento che, più di molti altri, mi ha costretto a mettere in discussione le fondamenta della mia pratica quotidiana come anestesista. Un collega con una vasta esperienza internazionale, maturata tra Stati Uniti ed Europa, ha condiviso una visione tanto pragmatica quanto radicale sull’anestesia loco-regionale, spogliandola di ogni romanticismo tecnico per riportarla a una dimensione che raramente abbiamo il coraggio di nominare: quella di un servizio. Il collega è Admir Hadzic.
Vorrei provare a ripercorrere e umilmente reinterpretare i punti salienti del suo discorso, perché credo contengano spunti di riflessione di un valore inestimabile per tutti noi.
La Premessa Spiazzante: Chi è Davvero il Nostro Cliente?
Il relatore ha esordito con una domanda provocatoria che ha immediatamente catturato l’attenzione della sala: nel “business della medicina”, un termine che lui usa senza remore, chi è il nostro vero cliente? La sua risposta è stata netta. Sebbene il paziente sia e debba rimanere al centro indiscusso delle nostre cure, il nostro “cliente” primario, nel senso imprenditoriale del termine, è il chirurgo. È lui, infatti, che porta i pazienti e che dipende dalla nostra efficienza per poter svolgere il proprio lavoro al meglio.
Secondo questa logica, un servizio di anestesia regionale di successo non si definisce dalla complessità o dall’innovatività dei blocchi eseguiti, ma dalla sua capacità di rendere il processo chirurgico più fluido, veloce e prevedibile. L’obiettivo ultimo diventa quindi quello di costruire un sistema talmente affidabile da incentivare i chirurghi a portare più lavoro, operare più pazienti e, di conseguenza, migliorare la produttività e la sostenibilità del nostro dipartimento.
L’Eccesso di Tecnica e la Critica al “Virtuosismo”
Un altro punto cardine del suo pensiero è stata la critica feroce a quella che potremmo definire la “tirannia della tecnica”. Il relatore ha sostenuto con forza che non abbiamo bisogno di un arsenale infinito di blocchi nervosi. Con una decina di tecniche standard ben padroneggiate, siamo in grado di coprire il 95% delle necessità cliniche. Ciò che conta davvero non è come arriviamo con l’ago nello spazio anatomico corretto – che sia in-plane, out-of-plane o con qualsiasi altra variazione – ma semplicemente il fatto di arrivarci e depositare l’anestetico.
Ha poi usato una metafora potente, quella dell'”atleta olimpico” o della “diva” dell’anestesia: il professionista eccezionale, le cui abilità uniche non sono però replicabili dal resto della squadra. Questo virtuosismo, sebbene ammirevole, è secondo lui l’antitesi di un servizio funzionante. Un servizio non può dipendere dal talento irripetibile di un singolo, così come un dipartimento non si fermerebbe se l’unico capace di intubare fosse assente. L’anestesia generale è standardizzata; perché quella regionale dovrebbe essere un’espressione artistica individuale?
Costruire un Team: un’Analisi Pragmatica delle Dinamiche Umane
Forse la parte più memorabile del suo intervento è stata la sua analisi pragmatica, quasi spietata, delle dinamiche di un team. Ha proposto una classificazione degli individui in quattro categorie: la “famiglia” (i nostri alleati incondizionati), i “mercenari” (come i chirurghi, leali finché il servizio è impeccabile), gli “ostaggi” (come gli specializzandi, che per un certo periodo non hanno scelta) e, infine, i “terroristi”.
Quest’ultimo termine, volutamente forte, descrive quella figura, presente in quasi ogni gruppo, che per definizione resiste alla standardizzazione. È colui che deve sempre fare le cose in modo “diverso” e “speciale” per affermare la propria individualità, minando la coesione e la riproducibilità del servizio. Il suo consiglio strategico è stato altrettanto diretto: non sprecare energie nel tentativo di convertire i “terroristi”, ma investire il 95% del tempo a supportare e consolidare il resto del team.
La Prova del Nove: Efficienza e Standardizzazione in Azione
Per dimostrare che questa filosofia non è solo un’astrazione teorica, il relatore ha condiviso i risultati impressionanti della sua attuale pratica in Belgio. Ha descritto un modello organizzativo basato su una “block room” dedicata, dove i blocchi vengono eseguiti in modo efficiente e in parallelo, al di fuori della sala operatoria (ad eccezione del primo caso della giornata). Questo sistema, basato su una standardizzazione assoluta – delle indicazioni, delle tecniche, dei farmaci e dei volumi – permette di raggiungere tempi di turnover tra un paziente e l’altro di appena sei minuti e un tasso di utilizzo delle sale del 94%. Un modello dove ogni membro del team è intercambiabile, perché il protocollo è chiaro, condiviso e l’esito è sempre prevedibile.
Riflessioni Finali: una Chiamata alla Consapevolezza
Ascoltare questo intervento è stato un potente richiamo alla riflessione. Ci costringe a porci domande scomode: stiamo davvero lavorando per costruire un servizio o stiamo coltivando le nostre preferenze tecniche individuali? Sono io il “terrorista”? Stiamo rendendo la vita più facile o più complicata ai nostri colleghi chirurghi e al personale di supporto? Un chirurgo che lavora con noi sa cosa aspettarsi per i suoi pazienti, o il piano anestesiologico è un’incognita che dipende da chi è di turno?
La sua visione ci invita a spostare il focus dalla nostra abilità tecnica personale all’efficacia collettiva del sistema in cui operiamo. Un passaggio difficile, forse, ma che potrebbe essere la chiave per dimostrare il vero valore della nostra specialità: non come un insieme di solisti talentuosi, ma come un’orchestra affidabile e perfettamente accordata.
Ringrazio Matteo Parrinello per l’invito al congresso, e anche Francesco Cama e Giacomo Simeone per l’ospitalità.