In questa edizione vogliamo darvi qualche spunto di riflessione raccontandovi come ci si sente quando si è dall’altro lato del telo, dalla parte del paziente.

Lo facciamo, condividendo con voi l’esperienza, umana, ma anche scientifica, del nostro amico e collega Mauro Proietti, coordinatore del servizio di anestesia presso la Casa di Cura Privata “Villa dei Pini” di Civitanova Marche.

 

UN GIORNO DA PAZIENTE (di Mauro Proietti Pannunzi):

LA PARTE UMANA.

Il dolore dell’anca si fa sempre più importante. La limitazione funzionale aumenta sempre di più. Cominciano anche i dolori a riposo.

È ora di prendere la decisione di operarsi. Ti fai coraggio e ne parli col collega ortopedico che hai scelto, con cui hai diviso ore interminabili di sala operatoria. Con cui a volte ti sei anche scontrato. E che di colpo non è piu “il collega” ma il medico. Al quale, quasi a proteggerti e sperare che non ti dica che l’unica strada non è l’intervento, provi a sminuire i sintomi che hai. Inutile. Ti fa due semplicissime manovre e ti dice che non hai alternative. Fai buon viso a cattivo gioco e allora, come se non le conoscessi, chiedi quale tecnica vuole usare, quali potrebbero essere le complicanze, quali i tempi di recupero, quali terapie.

E al quale fai domande che possono anche sembrare sciocche. Ma potrò riprendere la moto? Pensi che potrei tornare a camminare in montagna? Posso ricominciare a sciare?

Lui capisce e ti rassicura da una parte e dall’ altra ti fissa limiti e le possibilità, e ti fa anche ragionare sul fatto che non sei certo più un giovincello.

E allora discuti della data, 24 novembre, che appare lontana. E in te nasce l’illogicità che quel giorno non è per te, ma per un chissà quale paziente, uno dei tanti che ti sono passati sotto le mani. Perché a te, medico, anestesista, questo non succederà di certo.

E cerchi ancora di più di esorcizzare sia con il lavoro sia con l’impegno in ESRA. C’è il corso ad Ancona, devi prepararti per Perugia.  Vai a Roma, guarda caso, a sentire discutere di protesica e fast track. Sempre cercando di non sentirti paziente ma solo medico.

Ma i giorni passano e arriva il giorno precedente l’intervento. E lo passi, fino alle 7 di sera in sala operatoria.

E ti torna in mente, chissà come, una pagina di Divisione Cancro di Solgenitsin, quella in cui la capo chirurgo Doncova, in attesa di essere sottoposta a un esame radiografico per un sospetto di neoplasia dello stomaco, cerca di aiutare ma con estrema fatica, la routine del lavoro di reparto.

Certo. Un intervento di protesi d’ anca non è un intervento per cancro. Riesco a fare tutte le anestesie. Sono soddisfatto perché la protesi di spalla fatta in plessica è filata liscia senza necessità di alcuna anestesia generale, che ho continuato a fare un blocco ESP per le due anche e canale degli adduttori e genicolati per la PTG.

Già, ma un blocco me lo dovranno fare anche a me oltre la spinale. Ne discuto con l’amico Adel a cui ho chiesto di essere lui a farmi da anestesista. So che lui è bravissimo e grande fan del QLB, ma forse proprio per amicizia cede alla mia richiesta.

Non torno a casa. Resto a dormire in casa di cura. Qualche goccia di bromazepam e veloce arriva mattina.

L’intervento è previsto per 8.30. Alle sei mi bevo il beverone di Nutricia preop

Presto arrivano due dei miei infermieri di sala. Daniele passa il rasoio per la depilazione, Elisabetta in maniera indolore mi posiziona una cannula 16 sulla salvatella.

Mi mettono alla caviglia il braccialetto identificativo della lateralità e via in barella-

Ho paura ma cerco si scherzare con tutti. Entro in quella presala di cui conosco tutto e penso che ormai non posso certo andarmene e come ad un esame dell’università improvvisamente passa tutta la paura.

Mi metto seduto, cerco di arcuare la schiena, Adel mi chiede se voglio del midazolam. Dico di si. Avverto a malapena la puntura dell’introduttore, e poi la sua voce che mi dice.. Mauro fatto. E quella sensazione che raccontiamo ai pazienti…sentirà calore…formicolio.. arriva potentissima e inaspettata. Ed estremamente spiacevole. Ma un altro poco di midazolam, pochissimo propofol, cuffiette con la musica che mi ero preparato per l’occasione mi mettono in uno stato splendido di animazione sospesa.

Cinquanta minuti di intervento di cui non ho avuto il minimo sentore del passare del tempo.

Alla fine sono sveglio. Ringrazio i miei colleghi, riesco anche a chiedere che misura di protesi mi hanno messo e mi ritrovo nella mia stanza di degenza.

E adesso comincia il dopo.

 

LA PARTE SCIENTIFICA.

La prima notte.

Il blocco ESP funziona. 30 ml di RPV a lvello L3. In 24 ore io ho preso due volte 1 g di paracetamolo. Durante la notte nulla. Bellissima dopo circa tre ore da 12 mg di LBV in spinale   la sensazione di poter ricominciare a muovere i piedi. Verso le cinque passa il collega Ponzetto che mi ha operato e mi invita a flettere il ginocchio. Ci riesco. Arriva la fisioterapista. Mi mobilizza tutto l’arto. Mi spiega come fare per mettermi seduto. Mi avvicina un deambulatore e mi invita a mettermi in piedi. Dopo poco sono a fare due passi nel corridoio del reparto con dolore INR 2/3.

Ragioniamo. È il blocco che dà questo risultato? È la tecnica, nel mio caso accesso anteriore? Lo stesso blocco come si può comportare nell’accesso laterale classico? Non ho risposte di certezza. Però ci si può provare e confrontare con altre tecniche, PENG, fascia lata, QLB.

Particolare non secondario. Durante l’intervento non ho avuto mai freddo. Un materassino a resistenza messo sopra il lettino mi ha tenuto alla larga da qualsiasi brivido post-operatorio.

Per fortuna e bontà sua Adel nella visita pre-operatoria mi ha classificato I ASA. In effetti non prendo farmaci e il mio METS è > 10. Per precauzione ho fatto anche una ecocardiografia assolutamente nei limiti.

Quindi monitoraggio intraoperatorio standard senza valutazione anche se incruenta di CO e CI.

Perdite ematiche trascurabili. Nessuna necessità di recupero.

Ma allora, domanda che ultimamente si sente echeggiare spesso, siamo realmente pronti per il fast track?

Penso che noi anestesisti lo siamo. Con qualche piccola accortezza che la mia personale esperienza può suggerire.

Prepariamo al meglio il paziente. Cerchiamo, e magari molti di noi già lo fanno, di spiegare bene cosa è una “spinalina”. Le sensazioni, l’insorgenza, la durata.

A cosa serve quella puntura in più che facciamo o sulla schiena o sul fianco o sull’inguine.

Prestiamo attenzione al dolore, non tanto quello a riposo. Paracetamolo, ketorolac, tramadolo, tapentadolo, oppioidi, tutto può funzionare su questo.

Ma posso assicurare che quello durante la fisioterapia attiva e passiva va attenuato se vogliamo che il paziente collabori appieno al percorso ERAS.

So che non è parte che ci compete, ma visto questo percorso in equipe, per oltre un mese prima dell’intervento ho fatto esercizi praticamente quotidiani di rinforzo muscolare anche con carichi pesanti, come indicato dal fisiatra e dai fisioterapisti che penso siano stati molto utili.

Teniamo al caldo il paziente, come nel mio caso. Io ricordavo il brivido squassante di quando  molti anni fa mi operai per un menisco rotto. Evitarlo nella protesica, a maggior ragione in un paziente in cui ci sia da tenere basse le richieste metaboliche, mi sembra molto importante.

Monitorizziamo nel paziente ASA III..o ASA sta come direbbe Mario Tedesco CO e CI per una corretta gestione dei fluidi e per evitare episodi ipotensivi minimamente protratti con MAP< 65.

Sicuramente dimentico altre cose…ah sì!! La sedazione. Importante perché al di là di tutto ti toglie dal punto di vista psicologico qualsiasi ricordo spiacevole e tutto poi si concentra sul “dopo” intervento.

Un grazie all’amico e collega Adel per la sua opera. A Annalisa, Stefania, Giuseppe, Luca per essermi stati tutti accanto.

E tocca ringraziare pure…incredibile!!l’equipe chirurgica! Giorgio Ponzetto, Andrea Carraro, Marcello Occhialini.

Un grazie a tutti gli amici del Direttivo ESRA per, la loro vicinanza. E naturalmente ad Anna!

Take home a message? Siamo pronti al percorso FAST Track ma prepariamo al meglio il paziente.

Grazie se vorrete esprimere osservazioni e critiche. Cresciamo ancora di più insieme.

 

Un grazie al collega e amico Antonio Clemente che mi ha dato lo spunto per queste riflessioni/racconto.