Delirium postoperatorio e anestesia: il tabù che persiste
a cura del dott. Gabriele Melegari
(Dipartimento di Anestesia e Rianimazione Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Modena)
e del Dott. Domenico Pietro Santonastaso
( Dipartimento di Anestesia e Rianimazione, AUSL Romagna-M. Bufalini Hospital, Cesena)
“Dottore, dottore, mi raccomando: poca anestesia, ho paura che mi vada via la testa!”
Quante volte si sente pronunciare una frase simile durante l’attività clinica nel periodo perioperatorio!
Queste affermazioni riflettono come, nella popolazione generale, persistano ancora miti e convinzioni da sfatare. Tra i più radicati, vi è l’idea che l’anestesia sia la principale responsabile del delirium postoperatorio.
In realtà, il delirium postoperatorio è una condizione acuta di tipo neurocognitivo che non è direttamente correlata all’anestesia in sé, ma piuttosto a una combinazione di fattori: caratteristiche del paziente, tipo di intervento chirurgico, perdita ematica, risposta infiammatoria e disorientamento spazio-temporale.
Resta dunque aperto l’interrogativo: le tecniche di anestesia locoregionale sono davvero superiori nella prevenzione del delirium?
Ciò che è certo è che queste tecniche si rivelano estremamente efficaci nella riduzione del dolore postoperatorio, nella facilitazione della mobilizzazione precoce e nell’ottimizzazione dei percorsi di fast-track surgery e Enhanced Recovery After Surgery (ERAS).
Lo scopo di questa newsletter è fornire alcuni concetti fondamentali sul delirium postoperatorio, con l’obiettivo di chiarire dubbi, sfatare falsi miti e orientare la pratica clinica verso scelte sempre più consapevoli partendo dall’articolo sottostante.1
Secondo i criteri del DSM 5, Il delirium postoperatorio è un disturbo acuto dell’attenzione e della consapevolezza, si sviluppa in un breve periodo di tempo, di solito ore o giorni, ovvero una finestra temporale di 72 ore. Tende ad avere un decorso fluttuante nel corso della giornata, è accompagnato da un’alterazione di altre funzioni cognitive, come memoria, orientamento, linguaggio, percezione o la capacità visuo-spaziale. Questo disturbo non può essere spiegato da un disturbo neurocognitivo preesistente o in evoluzione, ma può essere attribuibile a una condizione medica generale, a intossicazione o astinenza da sostanze, oppure a più cause. È importante sottolineare come possa manifestarsi in tre forme, iperattivo, ipoattivo e misto, e spesso la forma ipoattivo è la più sottodiagnosticata. Questo fenomeno vede come principale colpevole l’infiammazione sistemica e alla liberazione di molecole di danno: la chirurgia, infatti, causa inevitabilmente un insulto tissutale acuto, che porta alla liberazione di molecole di danno (DAMPs). Queste attivano una cascata infiammatoria periferica e centrale (neuroinfiammazione), con produzione di citochine infiammatorie, alterazione della barriera emato-encefalica, attivazione di cellule gliali (microglia e astrociti) nel cervello. Tali meccanismi alterano la funzione cerebrale, in particolare i circuiti dell’attenzione e della coscienza.2 Durante la fase preoperatoria è fondamentale identificare i pazienti a rischio di delirium, in particolare: gli individui di età superiore ai 75 anni, coloro che presentano deficit cognitivi (ove possibile, si consiglia la somministrazione del Mini Mental State Examination – MMSE – oppure, in alternativa, della versione breve come il Mini-Cog, in cui un punteggio di 3 o inferiore suggerisce un rischio aumentato), i soggetti in condizioni di isolamento sociale. Fattori clinici come anemia, malnutrizione, deficit visivi e uditivi rappresentano ulteriori elementi predisponenti. Agire su questi aspetti modificabili può contribuire in modo significativo alla riduzione del rischio di insorgenza del delirium. In questo contesto, la valutazione geriatrica preoperatoria assume un ruolo centrale, non solo nell’identificare i soggetti vulnerabili, ma anche nel fornire indicazioni pratiche su interventi ambientali e comportamentali che la famiglia può mettere in atto durante il ricovero3 È raccomandato il monitoraggio della profondità anestetica tramite processed EEG, con particolare attenzione nell’evitare la burst suppression, associata a un aumentato rischio di delirium, soprattutto negli anziani. L’uso del BIS, sebbene ampiamente diffuso, presenta limiti di affidabilità negli individui fragili, rendendo preferibile un approccio multiparametrico e la lettura esperta del tracciato EEG. Tra le strategie più efficaci, l’anestesia locoregionale, quando applicabile, emerge come uno strumento cardine. Oltre a garantire un eccellente controllo del dolore e a ridurre il ricorso a farmaci sistemici come oppioidi e sedativi, contribuisce in modo significativo al mantenimento della stabilità cardiocircolatoria intraoperatoria. Questo aspetto è cruciale nei soggetti più vulnerabili, nei quali oscillazioni pressorie e sedazione profonda possono amplificare il rischio di complicanze neurocognitive. Inoltre, la locoregionale favorisce la mobilizzazione precoce e si integra efficacemente nei protocolli di fast-track ed ERAS, migliorando gli esiti funzionali e riducendo l’incidenza di delirium4-6 (Figure 1). La diagnosi di delirium postoperatorio si basa sui criteri del DSM-5, con utilizzo di strumenti validati come il CAM (Confusion Assessment Method), il CAM-ICU (versione per pazienti in terapia intensiva) e il 4AT (4 ‘A’s Test), con screening raccomandato almeno una volta al giorno nei primi tre giorni postoperatori. La gestione si fonda principalmente su interventi non farmacologici multicomponenti tra cui: re-orientamento ambientale, correzione dei deficit sensoriali, igiene del sonno, mobilizzazione precoce e coinvolgimento della famiglia. In particolare, uno studio del 2020 ha dimostrato che un intervento strutturato con il coinvolgimento dei familiari, basato su strategie di re-orientamento e supporto funzionale, è stato in grado di ridurre l’incidenza del delirium dal 23,0% al 7,9% nei pazienti anziani sottoposti a chirurgia maggiore. Il trattamento farmacologico è riservato ai casi selezionati di delirium ipercinetico, preferendo antipsicotici atipici o aloperidolo a basso dosaggio, ed evitando benzodiazepine, salvo indicazioni specifiche1.
L’Anestesista assume quindi un ruolo centrale: dalla valutazione preoperatoria del rischio, alla scelta di tecniche e farmaci anestetici, fino alla promozione dell’anestesia locoregionale, che offre benefici concreti in termini di controllo del dolore, stabilità cardiocircolatoria e riduzione dei sedativi. La diagnosi precoce, basata su strumenti validati come il 4AT, il CAM e il CAM-ICU, e l’applicazione tempestiva di interventi non farmacologici multicomponenti, in particolare il re-orientamento ambientale, rappresentano le strategie più efficaci per ridurre incidenza, durata e la ricaduta clinica del delirium.
Riferimenti bibliografici
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